Un bel racconto della nostra Socia Silvia Veronese, non risiede in Romagna, ma è innamorata della nostra terra e gli piace condividere la sua passione per la moto (possiede una BMW F 800 R) con noi del Club Romagna.
Alla fine dell’articolo, troverete alcune foto dell’uscita ai Colli Euganei.
Grazie Silvia per le tue belle parole e la compagnia, contiamo di rivederti presto, in occasione delle prossime uscite in moto del Club.
I Soci del BMW Motorrad Club Romagna.
La moto da strada è il tramite tra l’uomo amico del vento e la terra in tutte le sue estensioni ed espressioni.
E’ il dominio della natura umana sulla paura.
E’ il brivido calmo della conquista dell’equilibrio sull’aria.
E’ la sconfitta della forza di gravità sulla forza di volontà dell’uomo in bilico non su due ruote.
La moto non chiede dove o quando.
Si ascolta.
Ti porta al belvedere e ti mostra l’incanto, la preghiera nell’ora del tramonto.
La Romagna non è lontana da casa mia.
Quella terra ho iniziato a conoscerla in moto e quella terra mi ha insegnato ad amare la moto.
Come se avesse dentro, connaturata, una forza alchemica.
Come se quelle strade su cui si srotolano paesaggi sfumati da una magia stregata, in cui si sbrogliano colori che a visiera alzata profumano di affresco, avessero verso me un’inclinazione materna.
Come se quegli spazi che prendono forma nell’andargli incontro, si materializzano perché è l’aria a portarteli addosso, a farteli entrare a uno a uno in sequenza come opere di una galleria d’arte.
Come se qualcosa lì, si facesse trovare, qualcosa che avevo perso o che avevo visto non so dove né quando… e che ora, richiamandomi senza preavviso, mi dicesse che non è familiare ciò che ci viene dato per eredità naturale, ma ciò che per destino si svela da quel mistero strano che è la vita.
Il mistero va accettato senza dare spiegazioni.
Così mi sono ritrovata io e la mia moto al tramonto, dopo aver vagato per l’Appennino Tosco Romagnolo proprio a BERTINORO.
Berti in oro calice!
Questa volta non conta quanto lontana sono da casa, quando devo rientrare, chi devo proteggere.
Questa volta posso… fermarmi un po’ a Bertinoro.
E’ un paesino arroccato… Il castrum federiciano porta i segni del passaggio britannico… Quel nome così armonioso!
In quella terra la toponomastica è dolcissima: Premilcuore, Roncalceci, Bagnacavallo, Fontanelice… Nomi che son frasi.
Parlano, raccontano da soli… Il nome di Bertinoro si lega a più leggende… Io ho abbracciato quella più femminile… Nettare era il vino che stillava dai vigneti di quelle colline e piaceva tanto alla principessa… Galla Placidia disse: è così buono questo vino… tanto si dovrebbe “berti in un calice d’oro”.
Poi c’è invece chi riporta l’origine al Castrum britinnori, ovvero l’avamposto dove i pellegrini provenienti da Roma (e viceversa) facevano tappa al monte Cesubeo per ristorarsi… Poco importa.
Un tramonto a Bertinoro con vista al Cesubeo e sotto, la collina dolce che si spalma in pianura, è come bere il sole in un calice d’oro.
La moto abbraccia perfettamente la mia inclinazione poetica, perché la poesia, vero è fremito, folgore, rapimento di un attimo… ma è soprattutto fotografare un luogo o un emozione o un fatto, facendo risuonare le parole dell’aria intorno…
Resta che questo tramonto mio, che regalo a chi mi ha accompagnato a bere il sole nel calice d’oro all’ora del tramonto dal belvedere dell’osteria di Giovanni, diventa anche vostro… Così accade un miracolo: non importa dove sia stata scattata la foto… dove io abbia ingoiato un tramonto.
Ora tutti posso vedere ciò che hanno rilevato i miei due occhi e hanno saputo raccontare le mie parole… La captatio benevolentiae è che sia rosso trionfo della fine o rose al sorgere del giorno, sempre di luce si tratta… sempre di vita…
Così quei raggi dietro le colline dove si alternano i sorrisi della gente con le consonanti affricate sonore e alveolari… o post vocali…. diventano come la mano di una madre, dall’orizzonte vago che invade a raggi l’azzurro stanco di verdi e viola se dal rosso fuoco ti adagi in un cuore di brace.
Così chiunque volesse atterrare tra le colline di Bertinoro, col vento della sera che annuncia le stelle, potrebbe ammirare una pace che sa di verde, che ospita la notte, che prende il volo.
Viaggiare in moto è saper cogliere a mazzi il vento, a raggi il cielo, a schiaffi il gelo.
Perché in moto, il tramonto è l’alba della luce che verrà.
Costa un po’ tornarsene in camerino con un mazzo di rose che profumano di vento, mentre dall’altra parte nello stesso istante, si riaprono le quinte su quello spettacolo che è la vita.
Allora se impariamo a girarci, impariamo anche a saperlo guardare.
Il viaggio prosegue.
Non serve porsi una meta.
È singolare quanti più dettagli si possano cogliere quando la predisposizione dell’animo non è la paura o l’ansia di essere lontani da dove si dovrebbe stare.
La paura di trovarsi in un luogo estraneo ai doveri rischiando e osando con la probabilità che possa accadere qualcosa… e tornare presto sarebbe impossibile… Questa volta osservavo con la libertà di avere il diritto di essere lì.
Da lì si riparte.
In fila con le nostre moto, gli amici del club Romagna con i quali si viaggia, si ride, si guarda, si ascolta, si scopre, si vola… Tutto questo agli amici che oggi sono qui tra le mie colline per guardare, per sentire, per scoprire, per ridere, per volare… Perché il paesaggio siamo noi!
Silvia Veronese